Un giorno davvero speciale

Pubblicato il 1 gennaio 2007 in Lo SPIRITO dell'Africa

Suor Clementine ha organizzato una vera e propria festa in nostro onore. Si è preoccupata di trovarci un taxi e, sempre a causa della carenza di mezzi, lo ha trovato a Ziguinchor. Come dire: da Milano chiami un taxi per Monza che arriva a prenderti da Brescia. Ziguinchor, il capoluogo della regione della Casamance, è infatti a 80 Km di distanza che, con queste strade, significa due ore di tragitto.
Percorriamo la solita strada polverosa, ma questa volta guardiamo il paesaggio con occhi diversi. Acqua, paludi, palme, baobab e ancora acqua. E’ la “Terra di mezzo” tra l’Africa Sahariana e l’Africa Nera. Animali “da cortile” semi-selvatici invadono la strada che si addentra nella savana, ma oltre a mucche, galline, maiali, cinghialetti e capre, incontramo sulla strada, anche animali più tipicamente africani… perlomeno nel nostro immaginario da National Geografic: aironi, cormorani e un gruppo di simpatiche scimmiette, che rapidamente si rifugiano tra le mangrovie nei pressi del fiume. E il fiume … si insinua ovunque. E’ evidente ai nostri occhi che il Casamance è la linfa vitale di questa verde regione a cui da il nome.
Al nostro arrivo all’orfanotrofio la scena che ci si presenta è commovente. Ci corrono incontro tutti i bambini vestiti con le magliette della nostra associazione, rosa le bimbe più piccole, azzurri i bimbi e arancio i più grandi. Tutti belli, puliti, ordinati e orgogliosi di portare la nostra maglietta. Sono i nostri bimbi! Siamo emozionati, è come se avessimo vestito i nostri figli con il vestito più bello della festa per portarli in Chiesa.
Infatti li prendiamo per mano e andiamo ad assistere alla S. Messa del primo gennaio. All’uscita mentre stiamo scattando un’infinità di foto, si avvicina un gruppetto di ragazzini del villaggio. E’ giunto il momento della tanto agoniata partita di calcio! Landry, il più grande e carismatico tra i ragazzi dell’orfanotrofio ha organizzato tutto, chiamando alcuni amici del villaggio.

Ci rechiamo al campetto della scuola dove si creano due squadre con le rispettive divise che abbiamo portato dall’Italia. Tutto si svolge secondo il regolamento FIFA: foto ufficiale delle squadre, ingresso in campo, inni nazionali, lancio della monetina. Inizia la partita Italia-Brasile! Le ragazze sugli spalti intonano i canti popolari di supporto alle squadre del cuore, accompagnate da Cristina e Giulia che dalla loro coinvolgono tutti intonando in coro l’ormai celebre “po-po-roppoppo!”. Anche i Senegalesi intonano il canto dell’inesorabile sconfitta dei Cugini. Che soddisfazione! Una ragazza mi racconta che la sera della mitica finale Suor Clementine faceva tifo sfegatato per l’Italia. Dopo un appassionante primo tempo 3-0 a favore del Brasile, l’Italia capitanata da Landry rimonta clamorosamente, guadagnandosi una dignitosa sconfitta 4-3.


Ritorniamo all’orfanotrofio dove ci viene presentato un prete… è Padre Nicolas. Finalmente lo posso vedere, ho parlato con lui molte volte al telefono per la spedizione del materiale. Parla Italiano, in quanto ha studiato in un seminario in Italia, quindi finalmente potremo parlare la nostra lingua madre: abbiamo tante cose da chiedere. Prima del pranzo approfittiamo della presenza del Padre per informarci delle principali necessità dell’orfanotrofio. Visionando le camere, la cucina, i bagni e i lavatoi, ci rendiamo conto che c’è ancora tantissimo da fare.
Intanto Suor Clementine salta da un lavoro all’altro, cambia Serena, mette a dormire Abib, cucina, in una mano il cellulare nell’altra il mestolo. Capiamo che il cellulare nel terzo mondo non è uno status simbol, è una necessità. In territori cosi impervi è più facile e economico fare ripetitori per cellulari che linee telefoniche, inviare e-mail e fax piuttosto che spedire una lettera che mediamente impiega da 2 a 3 settimane per raggiungere l’Italia. Cosi in questi paesi sono stati saltati tutti i passaggi avvenuti da noi con il progresso delle comunicazioni, passando dal tam-tam direttamente alle e-mail.
Intanto, Franca e Luisella tra pannolini e mutandine danno un aiuto per cambiare alcuni bambini. Ci sono anche due gemellini: di 8 mesi, Jean Bassene, ribattezzato da noi “Budino” per via della sua …consistenza e il fratello, Benedicte detto anche “Ippopotamo”, data la stazza e lo sbadiglio facile. E’ incredibile la mole di estenuante lavoro che attende ogni giorno Clementine e le ragazze. Ad un tratto una ragazzina, accortasi delle difficoltà di Franca nel gestire contemporaneamente i due gemelli, la chiama da parte all’interno della stanza. “Le pan, le pan!” La incalza, mentre le porge un pareo. Franca non capisce. Ad un tratto la ragazzina con aria risoluta sistema il piccolo sulla schiena di Franca e lo blocca legandole il pareo intorno al busto. Ora avrà le mani libere per lavorare. Altro che zainetti e passeggini. La soluzione migliore è sempre la più semplice! Intanto la scena scatena l’ilarità di tutto il gruppo… compreso il piccolo “Budino”.
Nel pomeriggio Clementine ha organizzato un singolare incontro: siamo stati convocati alla presenza del Re. Il Re? Siamo perplessi. Ma saremo presentabili? Ci dirigiamo a piedi verso la “dimora reale”. Lungo la strada ci viene spiegato che il Re è una figura di riferimento per un insieme di quattordici villaggi che fanno capo al villaggio principale di Ossouye dove il Re abita con le sue tre mogli ed i 14 figli. Padre Nicolas scherza con le ragazze: “Sapete che se il Re vede una bella ragazza può decidere di tenersela come moglie?”. Ci addentriamo in un folto boschetto, accompagnati da Francois, un distinto e simpatico abitante del villaggio, che ha il compito di presentarci al Re e fare da intermediario. Ci sediamo su alcuni tronchi e attendiamo. Dopo qualche minuto, dal lato opposto del boschetto, spunta Lui! Una figura alta e imponente, con una lunga tunica purpurea, uno strano copricapo ed uno … sgabello…il trono?
Dietro di lui, un bimbo di pochi anni corre sghignazzando e si butta in braccio a Clementine. Il Re, impeccabile, ci saluta uno ad uno e si siede. L’atmosfera è surreale e grottesca, siamo tutti un po’ spaesati, ma Francois chiarisce le nostre perplessità. Ci spiega che il Re è una figura religiosa con funzioni sociali, che ha il compito di garantire la pacifica convivenza tra gli abitanti dei villaggi, nel rispetto di poche e semplici regole della tradizione animista. Viene consultato in caso di dispute e la sua parola è sentenza per tutti. Ci rendiamo conto che questo strano personaggio che abbiamo davanti non è una figura folkloristica o turistica, ma una vera e propria istituzione sociale, politica e religiosa, al punto che in occasione dei recenti episodi di guerriglia in Casamance il governo centrale di Dakar è ricorso alla mediazione di tutti i Re della regione ottenendo la deposizione delle armi. Terminata la spiegazione il Re fa il suo discorso. Con grande stupore, ci sentiamo ringraziare per il nostro sostegno a Clementine! Scopriamo infatti che il bambino suo figlio frequenta proprio l’asilo della Suora. I nostri sguardi si incrociano, soffocando una risata: “ma allora, qualcuno a Monza ha adottato il figlio del Re?”. Ora il Re ha pronunciato il discorso finale, non possiamo più rispondere, ci spiegano. Con timore reverenziale scattiamo qualche foto e lo lasciamo andare. Mentre ci allontaniamo Padre Nicolas scherza di nuovo “Camminate indietreggiando, non dategli le spalle!”. Il prete e la suora sghignazzano, vedendo i nostri volti suggestionati ed intimoriti dalla preoccupazione di offendere il Re! Poi Nicolas torna serio e ci ringrazia, non era mai stato dal Re e grazie a noi ha avuto l’occasione per incontrarlo. Ritorniamo dai nostri bimbi all’orfanotrofio. La suora più anziana prega su una panchina all’ombra. Padre Nicolas le parla in una lingua incomprensibile. Ridono, poi il prete si rivolge a noi: “Gli ho chiesto come mai non è venuta anche lei dal Re”, “E cosa ha risposto?” chiediamo. “Che non ci va perché ha paura che la tenga come sposa!”.
E’ giunto il momento di tornare a Cap Skirring. La giornata è stata lunga e intensa, ma ricchissima di emozioni. Sulla strada del ritorno guardiamo le luci del giorno spegnersi sulla savana e ci chiediamo: dove mai nel mondo in questo momento si respira una tale aria di fratellanza e pacifica convivenza tra religioni e popoli? Dove accade che suore e preti ti accompagnino a conoscere il fondamento della religione animista, più antica di Abramo? Dove famiglie musulmane di un paese musulmano mandano i propri figli alla scuola cattolica e dove una suora accoglie bimbi di ogni credo senza alcun tentativo evangelizzante? Dove accade che un popolo si trovi a condividere i giorni del Natale e del Tabaskin con il solo obiettivo di fare festa in famiglia? Forse in qualche altra parte del mondo accade ancora… forse. Sicuramente accade in Senegal.